Interview by SARA SCIALPI — Illustrations by ELEONORA MARTON
Sfogliando i lavori di Eleonora Marton, pagina per pagina, sezione per sezione, quello che balza subito all’occhio (e al cuore) è la semplicità quotidiana, schietta e sgargiante delle cose che riesce a rappresentare, in maniera asciutta ma emozionante. Oggetti comuni (un pettine, un rasoio, pantofole, un pigiama) occupano spazi a loro riservati, piccolo ritagli di colore che li elevano a ricordi, momenti importanti in cui ognuno di noi riesce ad immedesimarsi con facilità.
SARA S. — Diresti che quotidianità e schiettezza sono un po’ la firma dei tuoi disegni, o c’è dell’altro?
ELEONORA M. — Sì, direi che quello che mi è sempre interessato di più è investigare il quotidiano per poi rappresentare la poesia che è racchiusa nelle situazioni familiari, o anche trovare dell’ironia in quelle stesse situazioni. Per quanto riguarda gli oggetti, mi piace leggerci dentro una storia.
SARA S. — È stata questa una precisa scelta stilistica, o al contrario un qualcosa di assolutamente spontaneo? C’è una raccolta di disegni che ti è più cara?
ELEONORA M. — Non è stata proprio una decisione, penso che semplicemente siano queste le cose che mi fanno riflettere, ed emozionare. Non saprei dire quale tra i miei progetti mi sia più caro, forse al momento direi Rising, che è un blog dove ogni giorno posto un disegno del mio letto disfatto, può sembrare noioso nella sua ripetitività ma in realtà non lo è affatto. Ogni giorno il letto appare diverso, e sono diversa anche io. E poi trovo che l’azione di disegnare appena sveglia sia molto calmante, quasi zen!
SARA S. — Quindi più o meno tutto quello che butti giù deriva da un getto di cuore diretto, una materializzazione visuale nata dall’osservazione della vita di tutti i giorni. L’unica cosa da chiarire è lo stile. Come mai questo tratto marcato, spesso e talvolta vibrante?
ELEONORA M. — Anche questo non deriva da una decisione, o da una ricerca di stile, trovo che nel mio processo sia prevalente il concetto e l’urgenza di rappresentarlo, da qui un segno molto veloce ed istintivo. Preferisco non indugiare in schizzi a matita, e mille bozze, in tutti i miei lavori (compresi i punto croce) agisco subito ‘in bella’. Penso che il disegno, nel mio caso, ne guadagni, rimanendo più fresco, e più interessante nell’imperfezione. Inoltre, ho notato che quando cerco di ridisegnare un soggetto, perché magari non mi convince, alla fine torno sempre ad usare l’originale.
SARA S. — “Back home years ago” ha particolarmente catturato la mia attenzione. Come ti è venuta l’idea del punto croce? C’è stato qualche input esterno, un’ispirazione determinante, o i tuoi ricordi d’infanzia hanno fatto per tre?
ELEONORA M. — Mi è sempre piaciuto il punto croce, è una forma antichissima di tipografia, legata principalmente all’ambiente casalingo. Da piccola andavo dalle suore che davano lezioni di ricamo alle bambine, ecco perché ho pensato che fosse la tecnica più adatta per questo progetto, un libro di stoffa dove ogni pagina illustra un ricordo o una sensazione che non voglio dimenticare. Individuato il tema, le singole illustrazioni mi sono subito apparse chiare.
SARA S. — Il tema dell’infanzia si ripete poi più e più volte nei tuoi lavori; sia per le illustrazioni (“now she’s 3”) che, ho notato, fra i lavori commissionati (libro per bambini “la maglia del nonno”). Si tratta di qualcosa di fortuito, oppure hai davvero questa forte connessione con la tua “te bambina”? E come si manifesta questo tuo lato mentre disegni?
ELEONORA M. — Non lo so, forse perchè quando penso alla mia infanzia sorrido, e perchè trovo divertenti nella loro ingenuità i pensieri e i discorsi dei bambini.
SARA S. — In netto contrasto apparte invece la collezione “for ex-lovers only”; l’impressione che si ha è una vaga sfiducia nei confronti dei rapporti personali e, in particolare, un certo senso di incomunicabilità fra due amanti, sottolineato grottescamente da immagini così vivide, ma semplici. Aggiungeresti altro?
ELEONORA M. — Siamo tutti stati gli o le ex di qualcuno e tutti abbiamo pronunciato e ci siamo sentiti dire queste frasi più o meno assurde alla fine di una relazione… più che far emergere cinismo, io ho voluto tirarne fuori il lato più ironico.
SARA S. — Quindi la domanda sorge spontanea: qual è l’atteggiamento con il quale ti metti a disegnare, nostalgico e malinconico, oppure spensierato, addirittura leggero, ma sempre disincantato?
ELEONORA M. — Direi che quando mi metto a lavorare sento sempre un po’ di tutto questo… ma dipende anche dal progetto. Dal momento che disegno ogni giorno, sia progetti personali che commissionati, non posso aspettare di avere l’umore giusto. Anche se, a dirla tutta, nelle giornate no ogni cosa che faccio mi sembra da cestinare!
SARA S. — Pensi che i tuoi lavori renderebbero lo stesso se li realizzassi in digitale? Il “materiale” è una grossa componente, o solo un mezzo visuale come un altro?
ELEONORA M. — Non credo funzionerebbero allo stesso modo, penso che nei miei lavori il segno sia fondamentale, è quello che li rende personali. Una volta scansionati, non ci lavoro su più di tanto. Preferisco arrivare alla soluzione finale direttamente sulla carta. A volte uso il digitale nella colorazione, principalmente nei progetti commissionati, per comodità. Inoltre stare al computer mi stanca molto.
SARA S. — Sogni nel cassetto, idee per progetti futuri?
ELEONORA M. — Vorrei tanto occuparmi del lettering dei titoli di un film, o magari mi piacerebbe che i miei disegni fossero inseriti in un film di Wes Anderson! Al momento sto lavorando a due nuove zines e a una mostra, in futuro mi piacerebbe realizzare un libro.
Ottobre 2012